LE STEREOTIPIE NEL GATTO

La stereotipia è uno schema comportamentale rigido, compiuto in maniera ripetitiva e continua, senza alcuno scopo o funzione apparente. 

Nell’uomo si traduce in comportamenti più comuni quali: dondolare o grattarsi continuamente la testa, schiarirsi la voce. Le stereotipe comportamentali, nella specie umana, sono molto spesso sintomo di patologie psichiatriche gravi quali autismo e schizofrenia. Pazienti autistici mostrano stereotipie continue e durature nel tempo. Si ipotizza che alla base dei comportamenti stereotipati ci siano danni a carico dei gangli della base o del neurotrasmettitore dopamina che ne regola l’attività.

Stereotipie e comportamenti compulsivi nell’uomo

Le stereotipie hanno molte similitudini con altri comportamenti ripetitivi come i comportamenti compulsivi, ma, mentre le stereotipie non hanno alcuna funzione apparente, i comportamenti compulsivi hanno la funzione di interrompere o evitare uno stato di malessere associato ad un evento possibile, anche se improbabile.

Possiamo definirli anche  come comportamenti disadattivi ovvero:

• comportamenti che provocano danni a se stessi, agli altri o agli oggetti

  • comportamenti che, per la loro intensità e frequenza, ostacolano l’emissione di altre prestazioni 
  • comportamenti che impediscono o limitano l’interazione sociale

Le stereotipie, pur avendo caratteristiche talvolta comunicative, nella maggior parte dei casi non sono emesse per controllare l’ambiente circostante, ma per ripristinare una situazione di “benessere” interrotta dall’evento che ha preceduto l’emissione della stereotipia.

  

Stereotipie comportamentali nel gatto 

Le stereotipie comportamentali sono manifestate anche da altre specie animali e hanno, come nell’uomo, una natura solitamente ripetitiva e apparentemente priva di funzione apparente. Tuttavia, nel mondo animale, le stereotipie si riscontrano prevalentemente in condizioni di cattività e quasi mai in situazioni naturali. Comportamenti stereotipati possono essere frequentemente osservati negli zoo, negli animali da di laboratorio e negli allevamenti intensivi. Non manca però anche la presenza di comportamenti di questo tipo anche nel gatto domestico, che viene impedito nell’espressione di alcuni comportamenti specifici e questa privazione lo può portare a realizzarli anche senza stimoli esterni adeguati. Indubbiamente, siamo in questo caso di fronte ad una mancanza di benessere.

Il comportamento compulsivo è considerato espressione di stress, frustrazione o conflitto.

Le condizioni di cattività, infatti, privano gli animali di bisogni fondamentali e i comportamenti stereotipati derivino proprio da tale frustrazione. Dal punto di vista del benessere animale, le stereotipie comportamentali sono quasi sempre sintomo di forti condizioni di malessere, associate a livelli anormali di ormoni dello stress (quali corticosteroidi e catecolammine). 

La causa esatta delle stereotipie non è stata definita in modo preciso, ma a mio avviso le situazioni in cui il gatto viene confinato in un ambiente povero di stimoli possano favorire l’insorgenza di questi comportamenti, così come una relazione povera o non soddisfacente con l’umano di riferimento. 

Anche nel gatto, come nell’uomo, questi comportamenti sono chiamati disturbi compulsivi e possono manifestarsi al di fuori del contesto originario in tutte quelle situazioni in cui l’animale prova una forte eccitazione.

I disturbi compulsivi più comuni nel gatto sono:

  • leccare o mordere insistentemente alcune parti del corpo fino a provocarsi delle lesioni
  • succhiare la lana o altri tessuti, iniziando a succhiare le magliette dei proprietari, copertine, tappeti. Può essere diretto anche verso una persona
  • mangiare oggetti non commestibili
  • aggressività auto diretta come aggredirsi la coda o altre parti del corpo
  • vocalizzazione ripetitiva e persistente
  • sindrome da iperestesia felina

I comportamenti compulsivi vengono inizialmente mostrati in una situazione conflittuale e con il prolungarsi del conflitto si possono manifestare in tutti quei contesti in cui l’animale prova grande eccitazione. In sostanza, il gatto impara a rispondere ad uno stimolo di quel tipo allo stesso modo.

Se il comportamento continua per un lungo periodo di tempo, potrebbe diventare un comportamento fisso che non richiede più la situazione o l’innesco ambientale che ha dato origine al comportamento. I comportamenti possono rafforzarsi a causa del rilascio di sostanze chimiche nel cervello che alleviano il dolore e, in questo modo, il comportamento può diventare un meccanismo per far fronte a condizioni che sono in conflitto con i bisogni del gatto.

Qual’è la causa?

Tra le cause che scatenano questi tipi di problemi possiamo avere:

  • una predisposizione genetica (ad esempio le razze Siamese e Burmese sono maggiormente predisposte al comportamento di pica, ovvero succhiare e ingerire oggetti non commestibili. Sembra che ci sia una predisposizione anche nei soggetti che hanno avuto un allattamento prolungato, otre i sei mesi di età o uno svezzamento precoce, prima del primo mese di vita).
  • fattori ambientali che provocano stress e frustrazione (come detto sopra la privazione di stimoli ambientali).
  • stimoli fisici come irritazioni anche di natura allergica il cheta verificato con il veterinario 
  • l’attenzione del proprietario data al gatto nel momento in cui manifesta il comportamento. Quando il gatto inizia a leccarsi, spesso le attenzioni del proprietario possono rinforzare questo comportamento. I comportamenti possono aumentare rapidamente di frequenza se, quindi, sono rinforzati in qualche modo dal proprietario. In questo caso, consiglio, quindi,  nel momento in cui il gatto sta mettendo in atto il comportamento compulsivo, di ignorarlo completamente.

Cosa possiamo fare?

È SEMPRE necessario verificare l’assenza di problemi organici concomitanti, quindi rivolgersi al proprio veterinario.

Ci sono molteplici strategie atte a impedire o a ridurre la comparsa di stereotipie comportamentali: tra queste, quella di fornire ambienti arricchiti da stimoli etologicamente rilevanti.

Spesso il leccamento eccessivo può essere mantenuto nonostante sia stata rimossa la causa primaria e diventa un comportamento abituale che si tramuta in un vero e proprio disturbo compulsivo.

Controllo dell’ambiente:

  • Ridurre lo stress eliminando il più possibile gli eventi imprevedibili; ad esempio, alimentarlo alla stessa ora ogni giorno se non ha il cibo sempre a disposizione
  • Tenere i tessuti di interesse del gatto fuori dalla sua portata e adeguare l’alimentazione
  • Fornire al gatto la possibilità di muoversi nelle tre dimensioni, introdurre dei giochi interattivi
  • Se si tratta di una casa multi-gatto prevedere più postazioni per il cibo, l’acqua, e lettiere in punti differenti della casa, fornire spazi per nascondersi ed isolarsi, sfruttare le tre dimensioni con l’utilizzo di mensole, graffiatoi alti, ponti tibetani, mobili su cui saltare, amache ecc…

Modifica del comportamento:

  • Ignora il comportamento il più possibile; non premiare il comportamento prestando attenzione ad esso. Molti comportamenti compulsivi sorgono spontaneamente come risposta al conflitto o all’ansia, ma i comportamenti possono diventare compulsivi o stereotipati perché sono stati condizionati. Ad esempio, il proprietario che dà l’attenzione al gatto può rinforzare lil comportamento offrendo cibo o un giocattolo nel tentativo di interrompere il comportamento
  • pianifica un comportamento alternativo (come il gioco o l’alimentazione) in quel momento
  • premiare il gatto per un buon comportamento; non punire il gatto per i cattivi comportamenti

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LA PAURA, UN’EMOZIONE DA COMPRENDERE

La paura è una sensazione di apprensione associata alla presenza o alla vicinanza di un oggetto, di un individuo o di una situazione sociale. La paura fa parte del comportamento normale e può essere adattiva. La determinazione se la risposta di paura è anormale o inappropriata, deve essere determinata assolutamente dal contesto. Se un gatto ha paura di stimoli innocui, come camminare sul tappeto o uscire all’aperto, tale paura andrebbe considerata irrazionale e, se si tratta di una reazione costante o ricorrente, probabilmente maladattiva. Le paure normali e anormali si presentano solitamente come risposte graduate, con l‘intensità della risposta proporzionale alla prossimità dello stimolo che provoca paura.

Avete mai considerato la nostra reazione a qualcosa  che minaccia la nostra sicurezza? Vi siete mai spaventati di qualcuno che improvvisamente salta da dietro un cespuglio? L’emozione della paura è percepita come un senso di terrore, ed è un’emozione intelligente, perché ti avvisa della possibilità che puoi essere “danneggiato”, il che a sua volta ti motiva a proteggerti.

Quindi, la risposta alla paura  descrive il comportamento di vari animali compreso l’uomo, quando si sentono minacciati ed è stato oltretutto riconosciuto che entrambi, animali e umani, hanno le stesse risposte.

La paura è una reazione fisiologica, comportamentale ed emotiva ad uno stimolo potenzialmente dannoso. L’esperienza della paura è, quindi, un meccanismo di sopravvivenza. La paura è spesso collegata al dolore o ad un evento traumatico. Ad esempio, se un gatto cade dalla finestra, può sviluppare la paura delle finestre. Ma non solo, ci sono momenti in cui una paura passata potrebbe riemergere, per il gatto come per noi! Anche se, magari, la situazione attuale non giustifica veramente il bisogno di avere paura. Questo è il caso del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) nell’uomo, in cui la conseguenza di una situazione precedente in cui si è stati effettivamente in pericolo, viene rivissuta nel presente, quando vengono attivati ​​quei ricordi emotivi. Sebbene tu possa razionalmente sapere di essere al sicuro, il tuo cervello ti prepara automaticamente al peggio! Questa si chiama  memoria emotiva e funziona allo stesso modo nel gatto!

Ci sono quattro fasi emozionali della paura, che corrispondono agli effetti fisiologici del sistema nervoso simpatico:

Fight (combatti)

Flight (fuggi)

Freeze (immobilizzati)

e Comportamenti Sostitutivi

Ad esempio, un gatto può provare a scappare da uno stimolo che evoca la paura, come ad esempio il veterinario. Tuttavia, se messo alle strette, non potendo fuggire, può immobilizzarsi o diventare aggressivo in modo difensivo. La quarta risposta emotiva, ovvero, i comportamenti sostitutivi è una risposta normale, ma non nel contesto in cui si verifica. Ad esempio il gatto, di fronte aduno stimolo che evoca la paura,  può sbadigliare o leccarsi le labbra. In un altro contesto, sbadigliare o leccarsi ad esempio dopo un pasto, sono considerati comportamenti normali. Non è forse così anche per noi? Di fronte ad un evento pauroso o anche al solo ricordo abbiamo un impulso irrefrenabile a scappare, affrontare, immobilizzarci oppure cercare di “non pensarci”.

La reazione fisiologica, invece, si traduce in un aumento della frequenza cardiaca e respiratoria (ansimazione), sudorazione, tremori e a volte urinazione e defecazione involontaria.

Un animale pauroso può assumere posizioni corporee protettive come l’abbassamento del corpo e della testa, avvicinando le orecchie alla testa, dilatando le pupille e nascondendo la coda sotto il corpo. Se il gatto percepisce una minaccia, la risposta può anche includere elementi di aggressività difensiva.

La risposta alla paura, per entrambi umano e gatto, è legata all’attività dell’amigdala, che è coinvolta nell’elaborazione delle emozioni negative.  La serotonina (neurotrasmettitore mediatore di paura e ansia), la noradrenalina, la dopamina e il GABA sono tutti coinvolti nello sviluppo della paura e dell’ansia.

Da una prospettiva evolutiva, l’emozione della paura proteggeva gli umani dai predatori e altre minacce alla sopravvivenza della specie. Quindi non c’è da meravigliarsi se certi pericoli evocano quell’emozione, poiché la paura aiuta a proteggerci ed è quindi adattabile, funzionale e necessaria, per noi come per il nostro amico gatto!

 

© dott.ssa Ewa Princi 2019